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Immagine del redattoreLuigi Gattone

Speciale Sigonella.

7 ottobre 1985, ore 13:07: al largo della costa israeliana, 4 dirottatori palestinesi, appartenenti al FPLP (costola dell’OLP), sequestrano la nave da crociera italiana Achille Lauro: chiedono il rilascio di 50 compatrioti, minacciando di far esplodere la nave.

Viene attivata immediatamente un’unità di crisi alla Farnesina: in serata, Craxi, Presidente del Consiglio, Andreotti (Esteri), e Spadolini (Difesa) incontrano i capi dell’esercito e dei servizi.

L’Achille Lauro si dirige verso la Siria, chiedendo di attraccare nel porto di Tartus: Andreotti riesce a contattare Hafiz al Asad, Presidente siriano, che nega l’autorizzazione a sbarcare. In risposta, i terroristi uccidono e gettano in mare il passeggero statunitense Leon Klinghofer, e ripiegano verso le acque egiziane.

Sono ore intense: Craxi e Andreotti sono decisi a continuare sulla via delle trattative ed evitare ad ogni costo una soluzione militare. Incontrano tuttavia l’opposizione di Washington: Reagan fa sapere che non avrebbe appoggiato nessuna mediazione con i terroristi.

A questo punto interviene lo stesso Arafat, leader dell’OLP, che assicura ad Andreotti e Craxi la sua collaborazione ed invia due fedelissimi in Egitto, a Port Said, dove l’Achille Lauro attracca il 10 ottobre alle 15:30.

Craxi decide di concedere ai dirottatori il salvacondotto, a patto che non fossero stati commessi delitti sulla nave – allora nessuno sapeva dell’uccisione di Klinghofer: emerse solo nelle successive ricostruzioni – e Abu Abbas, emissario di Arafat, li convinse ad arrendersi.

Una volta scoperto il delitto Klinghofer, Craxi chiede di estradare i terroristi. Mubarak, presidente dell’Egitto, si disse collaborativo, ma aveva già organizzato un piano di fuga verso la Tunisia – allora sede dell’OLP.

Appresi gli sviluppi, Reagan, in sede del Consiglio di Sicurezza USA, decide di muoversi parallelamente. L’intelligence aveva scoperto che un aereo da trasporto civile Boeing 737 era stato requisito dal governo egiziano e faceva rotta verso la Tunisia: a bordo c’erano Abbas e Hassan, i 4 dirottatori e alcuni uomini dei servizi segreti egiziani.

Gli USA optano per un’azione unilaterale: 4 F-14 intercettano il 737 nello spazio maltese e il volo viene quindi dirottato verso l’aeroporto militare di Sigonella, in Sicilia, che ospita una base USA.

Craxi viene informato solo a dirottamento già in corso da un consulente della CIA, e acconsente allo sbarco a patto di gestirne autonomamente gli sviluppi, di concerto con il SISMI.

Poco dopo la mezzanotte, la torre di controllo autorizza all’atterraggio il 737 e i 4 caccia nel “territorio italiano” della base di Sigonella: immediatamente, il Boeing viene circondato da 50 tra VAM e Carabinieri.

In quegli istanti, atterrano altri due aerei non identificati (e senza autorizzazione): sono Lockheed C-141, che trasportano incursori della Delta Force. Le forze speciali circondano il cordone di militari italiani, decisi a prelevare i terroristi e gli intermediari di Arafat, ma a loro volta, vengono accerchiati da altri Carabinieri, arrivati d’urgenza.

Attorno all’aereo ci sono tre cerchi concentrici di militari italiani e statunitensi, armi in pugno. L’aria è a dir poco tesa: se qualcuno non mantiene nervi d’acciaio, scoppia una guerra. Gli uomini della Delta Force pretendono che vengano consegnati i palestinesi; il SISMI risponde che gli ordini sono di prendere loro in custodia i dirottatori.

Nella notte comincia il braccio di ferro diplomatico tra Reagan e Craxi: quest’ultimo è deciso a consegnare i terroristi alla Giustizia italiana. I delitti sono stati commessi sull’Achille Lauro, e quindi su territorio italiano: in assenza di una richiesta di estradizione, Craxi rivendica la priorità dell’ordinamento italiano. Reagan si oppone, ma alla fine è costretto a cedere.

Alle 5:30 dell’11 ottobre, altri mezzi blindati dei Carabinieri arrivano sulla pista: le forze speciali americane ricevono l’ordine di ritirarsi e i dirottatori vengono arrestati dal pubblico ministero.

Si conclude lo Speciale sulla Crisi di Sigonella, di cui abbiamo ripercorso le tappe principali.

Senza cedere al fascino di nostalgie e revanscismi, soprattutto per i controversi – col senno di poi – protagonisti, quello che ci/vi chiediamo è: cosa avrebbe fatto Di Maio?

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