Due giorni fa abbiamo ricordato la nascita di Indro Montanelli e da lui vogliamo ripartire da una sua citazione: “la sconfitta è il blasone delle anime nobili”. Questa però non è il caso.
Le elezioni in Spagna, come già prevedibile, scandiscono un nulla di fatto. Come nel risultato di poche settimane fa derivato dalle elezioni amministrative, il Partito Popolare, storica forza conservatrice iberica, ottiene una vittoria (33%) e la maggioranza dei seggi al Congresso e al Senato (136 su 350 nel primo e 72 su 208 nel secondo). La sinistra, quella socialista del Presidente uscente Sanchez, seppur sconfitta, inneggia ugualmente alla vittoria poiché è riuscita a mantenere un peso importante all’interno del congresso spagnolo (122 al Congresso e 72 al Senato). Infatti, se nei sondaggi attuati prima delle elezioni gli veniva additato un peso pari al 29%, il PSOE raccoglie il 31% dei voti.
La stampa, compresa quella italiana, sottolinea il risultato di Sanchez poiché ha “bloccato le destre”, indicando altresì il fallimento della formazione Vox di Santiago Abascal. Il partito dell’ultradestra auspicava in un risultato migliore (12% con 33 seggi al Congresso), considerando il 15% raccolto nella tornata del 2019. Risultato sicuramente non dei migliori ma in linea con i sondaggi che rilevavano Vox al 13%.
Il blocco dell’ultrasinistra Sumar capeggiato dalla Diaz, come riscontrabile dai sondaggi delle settimane precedenti, si ferma al 12% (31 seggi al Congresso).
Riassumendo: Alberto Nunez Fijòo (leader dei popolari) vince ma non ottiene una maggioranza, le destre (PP e Vox) si fermano a 169 seggi, non sufficienti a governare (176); il PSOE esulta gridando “No pasaran”, nei prossimi giorni cercherà di creare una coalizione di governo con tutte le restanti forze di sinistra.
Lo spettro del voto in autunno è dietro l’angolo: rimandati a settembre(?).
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