A un anno dall'insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni - prima donna a ricoprire questa carica - doveroso e necessario è cercare di tirare le somme, sicuramente sommarie, di una esperienza fin qui caratterizzata da - nonostante le apparenze e le "colorite" esternazioni di membri della maggioranza - continuità e livellamento sulle posizioni assunte dai precedenti governi.
In politica estera, complice la presenza del Vice Presidente del Consiglio Tajani e del ministro della Difesa Crosetto - entrambi da sempre molto fedeli alla linea statunitense e al blocco NATO - la premier ha sposato in pieno la causa ucraina sostenendo militarmente il Presidente Zelensky contro l'invasione Russa, spazzando via ogni dubbio portato da Matteo Salvini e dai suoi poco raccomandabili alleati europei, Le Pen e Orban in prima fila (quest'ultimo punto di riferimento meloniano a est).
In politica interna, complici eventi esogeni che ne hanno aumentato i flussi, la questione migratoria è tutt'altro che risolta, anzi. Il blocco navale si è mostrato inattuabile (come sosteniamo da sempre), la Bossi-Fini non riesce ad essere efficace essendo stata scritta 20 anni fa in condizioni differenti, l'Europa non risponde ad una richiesta di aiuto in maniera a dir poco imbarazzante, le Regioni e i comuni sono al collasso. Si spera in una missione europea, vedremo.
La politica economica sarà il vero banco di prova della Premier. Il ministro Giorgetti ha già fatto sapere i più e più occasioni che a causa delle voragini lasciate dal superbonus - ricordiamo agli amici grillini e a tutti quelli che lo hanno votato - costato 150 miliardi, lo spazio di azione sarà molto risicato e le priorità sono lavoro, potere d'acquisto e taglio al cuneo.
Insomma, è ancora presto per fare bilanci.
Sicuramente positivo il cambio di toni e il bagno di realismo attuato dalla premier rispetto alle sparate degli ultimi 10 anni, sicuramente negativo il futuro che la aspetta, senza soldi per lo stato e con le europee alle porte.
Buona fortuna.
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