Il risultato elettorale delle amministrative appena concluse non lascia scampo ad equivoci: il centrodestra ha stravinto le elezioni, forte sia della spinta elettorale che del clima che da qualche mese si respira in tutta Europa.
La vittoria è stata ottenuta quasi ovunque al ballottaggio – terreno da sempre ostile alla compagine governativa - dove il centrosinistra ha sempre fatto valere le sue caratteristiche locali: il civismo, le reti associative, i corpi intermedi. Una vittoria che non lascia alcun dubbio anche sulla leadership di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia che, nonostante una Lega tutt’altro che morta (si pensi anche al risultato delle ultime regionali), risulta essere il partito trainante della coalizione.
Se a destra si può festeggiare, a sinistra si raccolgono i cocci. L’effetto Schlein non c’è stato, ma rimanere cauti in questi casi è d’obbligo: il lavoro della segretaria è appena cominciato, ha preso le redini di un partito sull’orlo della scissione e lo ha comunque traghettato verso un risultato migliore rispetto alle ultime politiche. Si parla già di resa dei conti nel Partito Democratico, con le minoranze interne (che ricordiamo, hanno preso il 48% dei voti al congresso, vittoriosi al primo turno) sul piede di guerra per la «poca collegialità» dimostrata dalla segretaria.
Il risultato italiano va però contestualizzato anche a livello europeo. In Spagna ieri il primo ministro Sanchez ha dato le dimissioni a causa delle sconfitte elettorali (più di Podemos che sue) nei confronti dei popolari e di Vox; in Grecia giusto una settimana fa i conservatori hanno vinto le elezioni, nonostante il primo ministro le abbia reindette a luglio per ottenere la maggioranza parlamentare assoluta; in Germania i socialdemocratici sono da tempo in difficolta.
Il prossimo anno si terranno le elezioni europee: con le difficoltà dei socialisti e l’avanzare di queste destre, potrebbero profilarsi nuovi scenari.
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