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Immagine del redattoreLuigi Gattone

La caduta di Kabul

Kabul, 15 agosto 2021: l’offensiva talebana cominciata a maggio arriva alle porte della capitale afghana.




L’aeroporto assediato, i militari impegnati nel soccorso dei civili, velivoli stracolmi, le strazianti immagini di chi cercava di aggrapparsi agli aerei in volo. Quello afghano era un disastro annunciato.

Cosa è andato storto? Dopo vent’anni possiamo dirlo: tutto il possibile.

Joe Biden, interprete dell’”America’s Back”, dichiarava che l’obiettivo degli USA non era mai stato il Nation Building: allora perché restarci vent’anni? Semplice: per non ammettere la sconfitta.

L’invasione dell’Afghanistan era una rappresaglia: Washington aveva subito un colpo troppo duro con il 9/11, l’opinione pubblica chiedeva il sangue dei terroristi.

Ma la “tomba degli imperi” era destinata a restare indomita.

Pochi successi militari, nessuno risolutivo, l’opinione pubblica (americana ed europea) indisposta, dopo l’ebbrezza di multilateralismo degli anni ‘90, ad accettare perdite umane. Ogni bombardamento (con elevato numero di “casualties” civili) allontanava l’obiettivo di conquistare “hearts and minds” degli afghani, che hanno finito per preferire una pace sotto i Talebani – entità “rappresentativa“ della stragrande maggioranza della popolazione (rurale/tribale) e dell’etnia pashtun – alle bombe della democrazia.

Una menzione particolare riguarda l’Italia: lo stereotipo degli “italiani brava gente” è sconfessato, ma l’operato dei nostri militari è stato notevole. Durante la missione ISAF, che affidava all’esercito italiano il quadrante di Herat (la provincia più persiana dell’Afghanistan, ostile ai Taliban), l’area conobbe i maggiori sviluppo economico, sicurezza, progressi nei diritti e nell’emancipazione di genere. Ma anche nel disastroso ritiro del 2021, con l’ambasciatore Pontecorvo a coordinare l’evacuazione e i Carabinieri a mettere in sicurezza l’aeroporto, consentendo di salvare molti nostri collaboratori afghani.

L’Afghanistan entra nel quarto decennio di guerra ininterrotta, con generazioni che non hanno idea che si possa vivere in pace.

Se a qualcuno sono realmente interessate le sorti di questo popolo, beh, la nostra occasione l’abbiamo persa.

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