Esattamente vent’anni fa, il 20 marzo 2003, cominciava l’invasione dell’Iraq.
Già dopo l’11 Settembre, l’élite neocon americana meditava l’invasione, per liberarsi del più scomodo “rais” mediorientale – e puntellare il perno dell’Asse del Male, l’Iran.
La giustificazione morale per la guerra fu montata ad arte dagli apparati USA: Saddam Husayn si stava dotando di armi di distruzione di massa (WMD), per cui bisognava rimuoverlo dal potere e privarlo degli armamenti.
A poco più di un mese dall’inizio delle operazioni, Baghdad era caduta: Saddam era in fuga, i quadri baathisti dissolti, i vertici USA annunciavano la vittoria.
L’Iraq si avvicinava al 2004 con un’economia distrutta da dieci di sanzioni e venti di guerra quasi continuativi, senza nessun tipo di apparato statale funzionante, nessun organismo in grado di garantire sicurezza e servizi essenziali.
La ricostruzione guidata dagli USA avrebbe condotto ad un Iraq democratico e con un’economia di libero mercato: sotto questa egidia, iniziò la penetrazione economica e finanziaria dei contractors occidentali.
Tuttavia, nel biennio 2004-2006, la spirale di violenza innescata dal conflitto esplose: prima la rivolta sunnita-qaidista, parallelamente in guerra contro gli Sciiti e gli invasori americani; successivamente, l’insurrezione si allargò anche alle forze sciite eterodirette da Teheran.
Il governo iracheno non riuscirà mai a ricomporre le fratture sociali: anzi, con lo sciita al-Maliki e il ritiro degli USA (dicembre 2011) il settarismo riesplose. In più, la destabilizzazione regionale data dalle Primavere Arabe (soprattutto il caso siriano) e dalla nascita dell’ISIS ebbe pesanti ripercussioni in Iraq, che vide battaglie tra le più cruente (Falluja, Mosul).
Oggi, la pacificazione è ancora lontana: anzi, negli ultimi anni l’Iraq è sprofondata in una nuova crisi economica e sociale, aggravata da una paralisi dello stato, insidiato da minacce esterne e subnazionali.
Per riassumere la catastrofe avvenuta in Iraq, basterebbero tuttavia poche cifre: 3mila miliardi$ spesi per la guerra; oltre 1 milione le vittime civili; zero le armi di distruzione di massa trovate.
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