top of page
Immagine del redattoreEdoardo Cei

Israele e Palestina: una convivenza possibile?

Il 7 ottobre 2023, ad un giorno dal cinquantesimo anniversario dalla guerra dello Yom Kippur, Hamas iniziava il suo attacco al cuore dello Sato Ebraico tramite un’azione militare che ha coinvolto il lancio di migliaia di razzi indirizzati verso le regioni centrali e meridionali.

Allo stesso tempo, i miliziani islamici, attraverso un’operazione via terra, hanno ottenuto il controllo e l’occupazione di alcune città al confine con la striscia di Gaza. L’escalation militare di quest’anno è descritta come la più violenta dal ’73.


A questo punto, principalmente nei dibattiti accademici occidentali, torna in auge il dibattito in merito all’ipotesi di una soluzione definitiva del conflitto israelo-palestinese.


La possibilità di creare due singoli stati indipendenti è l’opzione preferibile, anche se presenta diversi problemi: primo su tutti è il fattore geografico, che rende impossibile unire Gaza alla West Bank. Questo renderebbe difficile l’amministrazione e la burocrazia del paese palestinese che non godrebbe di un lembo di terra che unisca le due regioni. Detto ciò, questa soluzione non è ben vista da nessuna delle due fazioni, nonostante un accordo fosse stato trovato ad Oslo nel 1993, tramite la mediazione del presidente statunitense Bush.


Inoltre, un ulteriore problema di straordinaria rilevanza e quello che attiene dispute sulla delimitazione dei confini tra Israele e un futuro stato palestinese, in particolare riguardo a Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme. Proprio quest’ultima è una delle questioni più controverse. Ebraici, cristiani e musulmani la considerano una città sacra, ma ci sono profonde divisioni riguardo al suo status. Entrambe le parti rivendicano Gerusalemme come capitale, e questa disputa è una delle principali barriere alla pace.


Non va dimenticata la costruzione di insediamenti israeliani in Cisgiordania, fonte di costante tensione dopo gli accordi di Oslo, che è diventato un problema tangibile proprio dopo il 1993. Inoltre, i palestinesi sostengono il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi espulsi o fuggiti durante la guerra del 1948, il che solleva ulteriori complessità nella determinazione del futuro demografico di un futuro stato palestinese.


Un ulteriore tema di discordanza è quello che riguarda la sicurezza e il terrorismo. Israele deve affrontare minacce terroristiche, mentre i palestinesi soffrono a causa delle operazioni militari israeliane nella regione. Tutto ciò crea un rapporto ambivalente e teso, anche a causa della mancanza di fiducia reciproca tra israeliani e palestinesi. Entrambe le parti hanno sperimentato violenza e perdite, e ci sono profonde divisioni politiche e ideologiche.


Infine, il conflitto israelo-palestinese è stato influenzato da attori regionali e internazionali, il che ha reso difficile raggiungere un accordo duraturo. Il coinvolgimento di potenze esterne può complicare ulteriormente la situazione.

Soprattutto gli Stati Uniti, storicamente alleati dello stato ebraico, hanno sempre avuto un ruolo di spicco, anche perché il patronato su Israele ha una funzione anti-iraniana per tutelare i propri interessi nell’area. Infatti, proprio in questa funzione andavano gli accordi di Abramo.


Tutti questi fattori contribuiscono alla complessità del conflitto israelo-palestinese e rendono difficile la risoluzione attraverso la creazione di due stati. Nonostante ciò, la soluzione dei due stati rimane un obiettivo a lungo termine per molte parti interessate, ed è stata oggetto di negoziati e sforzi diplomatici per decenni. La comunità internazionale continua a cercare modi per promuovere la pace e una soluzione sostenibile al conflitto.

Comments


bottom of page