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Immagine del redattoreJakob Joseph Burkhart

Il ritorno della minaccia nucleare.

Il ritorno della minaccia nucleare: storia e mito.

L’invasione russa dell’Ucraina, tra le tante implicazioni, ha ravvivato i timori di un conflitto nucleare alle porte dell’Europa. Dalla fine della Guerra Fredda, nessun leader politico in Occidente aveva esplicitamente ammesso la possibilità di impiegare militarmente l’arma atomica: si potrebbe facilmente concludere che questo tabù sia crollato.

Negli ultimi due anni, in molti hanno sostenuto la necessità di ampliare l’arsenale nucleare europeo. Tra questi Joshka Fischer, già ministro degli esteri sotto i governi Schroeder, in un’intervista al quotidiano tedesco Die Zeit nello scorso dicembre , ha sostenuto che l’Unione Europea dovrebbe dotarsi di un suo dispositivo atomico indirizzato contro Mosca – allo stato delle cose, con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, soltanto la Francia è in possesso di armi nucleari. Solo la scorsa settimana, in una intervista a ridosso delle elezioni in Russia, Vladimir Putin ha reiterato la minaccia di utilizzare armi nucleari tattiche in Ucraina.



Il club nucleare dopo la Guerra Fredda.

Proviamo a chiarire alcuni aspetti. Le nazioni che compongono il “club nucleare” dispongono di testate (arsenale militare) e sono dotate di centrali nucleari (per uso civile): sono i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (USA, Regno Unito, Francia, Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese), più India e Pakistan. A queste, vanno aggiunte Israele (non ufficialmente) e Corea del Nord; l’Iran, nei primi anni duemila, ha iniziato il processo di arricchimento dell’uranio per dotarsi anch’essa di armi nucleari. Il Sudafrica, invece, ha sviluppato alcune testate ma successivamente ne è stato confermato lo smantellamento, Secondo un report pubblicato nel giugno 2023 della Arms Control Association ci sono oltre 12.500 armi nucleari al mondo, di cui circa il 90% nelle mani di Mosca e Washington: una sensibile riduzione in numero assoluto, rispetto alle fasi cruciali della Guerra Fredda, ma sono molti di più i paesi potenzialmente in grado di sviluppare armi atomiche.

Sul livello grand-strategico l’introduzione (e la diffusione) dell’arma atomica come deterrente ha, paradossalmente, “raffreddato” potenziali escalation su larga scala – specie nel confronto bipolare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. La Mutual Assured Distruction (MAD), sinora, ha impedito l’impiego militare di armi nucleari dal 1945, stabilendo quindi un “equilibrio nucleare” tra le due superpotenze. Dal punto di vista psicologico, la minaccia nucleare è altamente efficace, poiché incute paura non nell’esecutivo del nemico, ma nella sua popolazione. Però, va usata con cautela per far risultare il ricorso all’arma credibile e, allo stesso tempo, non innescare un second strike – fermi restando i tanti passaggi necessari ad innescare un ordigno atomico, per cui resta una misura last resort.

Gli sforzi per la regolamentazione del nucleare ed il disarmo.

La corsa agli armamenti nucleari, se non correttamente gestita, rappresenterebbe un classico dilemma di sicurezza, attivando una concatenazione di misinterpretazioni, passi falsi e fughe in avanti che, talvolta involontariamente, sono stati all’origine dei conflitti più sanguinosi dell’umanità – e, in questo caso, della sua potenziale estinzione.

Con la fine della Guerra di Corea (1953) sono iniziati gli sforzi per la non-proliferazione: il cambio dell’amministrazione a Washington, con l’elezione di Dwight Eisenhower, contribuì in modo decisivo ai concetti di deterrenza e sancì l’impegno statunitense a limitare la diffusione del nucleare – particolarmente cruciale fu il celebre discorso ‘Atoms for Peace’ pronunziato davanti alle Nazioni Unite. Nel 1957, invece, per controllare lo scambio di informazioni e di tecnologia sul nucleare, venne istituita l’Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA): formalmente indipendente dall’ONU, favorisce la ricerca e la cooperazione nell’ambito del nucleare civile. D’altra parte, : ad esempio, è incaricata di monitorare lo smantellamento del programma nucleare iraniano nell’ambito del JCPOA. Ancora, un decennio più tardi, complice una momentanea distensione nei rapporti tra USA e URSS, venne firmato il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (ratificato nel 1970). Questo proibiva agli stati nucleari di trasferire le loro testate e alle potenze non-nucleari di sviluppare un arsenale, stabilendo appunto la non legalità

Oggi, lo sviluppo di programmi nucleari (clandestini) è visto dai paesi “revisionisti” (come India, Pakistan e Iran) come uno “status symbol”, oltre che un ulteriore colpo al sistema di regole dell’Ordine Internazionale Liberale. Di qui, la ratio del TNP: impedire che paesi cronicamente instabili abbiano accesso ai dispositivi atomici, che potrebbero essere attivati da forze “non legittime” (plasticamente, forze non governative) e innescare una risposta drastica – anche se sarebbe falso sostenere che solo le autocrazie o le dittature abbiano interesse nell’accesso ad armi atomiche.

In definitiva, l’equilibrio basato sulla deterrenza rende assolutamente improbabile l’utilizzo di armi atomiche. Sebbene in sporadiche occasioni il conflitto nucleare sia sembrato probabile: ad esempio, durante la crisi dei missili di Cuba (ottobre 1962), o nel novembre 1983, quando venne simulato il DEFCON-1 – il massimo livello di allerta per le forze armate statunitensi, che indica una guerra nucleare imminente o già in corso.

Si tenga sempre presente che usare un’arma nucleare sul campo, vicino al proprio territorio (come nel caso di un ipotetico attacco russo in Ucraina) può avere effetti collaterali sulla propria popolazione – basta che il vento cambi o che venga fatta esplodere nel punto sbagliato – rimanendo quindi un’ipotesi del tutto residuale.

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