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Immagine del redattoreMichele Carrani

Il Protocollo di Kyoto: debole ma necessario.

Il protocollo di Kyoto fu pubblicato l’11 dicembre 1997 ma entrò in vigore il 16 febbraio del 2005. L’obiettivo della COP3 (Conference of Parties) fu quello di ridurre le emissioni di CO2 del 5,5% entro il 2012, considerando quelle prodotte nel 1990.




Nel 2001 il maggior partner, gli Stati Uniti, non ratificarono il protocollo per volere dell’allora Presidente George W. Bush. Considerando il peso americano, che da solo contribuiva per la maggiore alla percentuale delle emissioni di CO2 nel mondo, portò i restanti paesi a ritrarre sulla cifra che dal 5,5% passò al 4,2%.

I detrattori del protocollo lo criticarono per gli scarsi risultati prodotti nel periodo di riferimento 2008-2012. Confrontando i dati del 1990 con quelli del 2012, i firmatari ridussero mediamente le emissioni non del 4,2% bensì del 16%. Le cifre ovviamente diversero da paese a paese: il Giappone non ridusse le sue emissioni ma bensì le aumentò, lo stesso valse per Norvegia, Danimarca, Svizzera, Spagna e in larga misura Lichtestein, Austria e Lussemburgo.

Il protocollo di Kyoto mostrò ai più che una riduzione delle emissioni di gas serra non corrisponde un peggioramento nell’ambito economico e fu il primo passo con cui gli stati dimostrarono una volontà in ambito di salvaguardia ambientale, seppur il protocollo non prevedette vincoli agli stessi.

Un protocollo di Kyoto 2.0 si ritrovò con l’accordo di Parigi del 2015 (COP21), una versione aggiornata e migliorata del precedente. Quest’ultimo infatti prevedette un sistema di modifica degli obiettivi a cadenza quinquennale e la comprensione negli accordi delle grandi potenze emergenti in ambito industriale (la Cina al tempo di Kyoto contribuiva ad 1/3 delle emissioni rispetto quelle odierne).

L’ambiente è una tematica fondamentale alla quale chiediamo alla nostra classe politica di occuparsene in maniera adeguata poiché abbiamo un obbligo morale: lasciare alle future generazioni un pianeta sano e vivibile, almeno nella stessa misura con la quale l’abbiamo conosciuto noi.

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