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Il nucleare di III e IV. generazione: sfide e opportunità

Autori: Daniele Timpano e Lucas Fernandez



Uno dei primi argomenti di discussione quando si parla di nucleare in Italia e nel mondo si rifà alla tradizionale contrapposizione tra le tipologie di impianti attualmente a disposizione sul mercato e il famigerato “nucleare di quarta generazione”. Quest’ultimo viene spesso nominato a sproposito nel tentativo di allontanare il discorso di una possibile costruzione di nuovi reattori appartenenti alle tecnologie cosiddette “tradizionali”, con il risultato di bollare la fissione come energia superata e confinare il dibattito sul nucleare alla ricerca e al futuro. Oggi proviamo a fare un passo indietro: che cos’è il nucleare di quarta generazione e cosa invece lo ha preceduto? Tracciando una linea storica nell’industria nucleare, proveremo a darvi qualcheargomento di discussione per la prossima volta che un conoscente vi ribatterà che “bisogna aspettare la quarta generazione”.

 

Da Chicago a Torino, tutte le generazioni del nucleare.

 

Il primo reattore nucleare della storia raggiunge la criticità a Chicago il 2 dicembre del 1942. Il termine criticità non è esattamente una trovata comunicativa geniale, e tuttavia non si riferisce a niente di negativo: indica semplicemente che la reazione a catena riesce ad autosostenersi. Per un ripasso sulle basi del nucleare, date un’occhiata al nostro secondo editoriale. La prima generazione nasce in questo istante, si tratta dei prototipi che porteranno ai primi reattori commerciali, con design molto diversi fra di loro. Tra questi Shippingport (USA), un reattore ad acqua pressurizzata, Dresden (USA), un reattore ad acqua bollente, ma anche i reattori a gas-grafite della filiera MAGNOX in Inghilterra e il primo reattore raffreddato a sodio fuso, il Fermi I. In questa giungla di reattori ciò che conta ricordare è come, già alla sua nascita, il nucleare si configurava con un parco molto diversificato di tecnologie, alcune delle quali si ripresentano nella storia più recente.

 

La seconda generazione ingloba tutti i reattori commerciali costruiti tra gli anni 60 e gli anni 80 e appartenenti alle principali filiere del mondo occidentale e non: PWR, BWR, CANDU, VVER ed RBMK. La gran parte di questi reattori è operativa ancora oggi, con lavori di ammodernamento che ne hanno permesso l’estensione della vita.

 

Arriviamo dunque ai giorni nostri e ci facciamo strada nei design attualmente sul mercato: la terza generazione (GEN III) e la terza generazione avanzata (GEN III+). Questi reattori sono la naturale evoluzione dei design della seconda generazione, con un avanzamento ulteriore in termini di sicurezza. La “Safety Culture” che ha storicamente contraddistinto l’industria nucleare trova nei reattori di terza generazione la sua massima applicazione, con i principi di ridondanza, diversificazione e separazione dei sistemi di sicurezza. L’obiettivo fondamentale è quello di eliminare la necessità di un piano emergenziale esterno attraverso due approcci. Il primo è il rafforzamento dei sistemi di sicurezza attivi, vale a dire quelli che si basano su una fonte di elettricità, sia questa la rete elettrica, delle batterie o dei generatori diesel di emergenza. Il secondo è l’implementazione di sistemi di sicurezza passivi, basati unicamente sulle leggi della fisica e quindi che non necessitano di un intervento esterno o di una fonte attiva di energia. I reattori della GEN III fanno capo al primo concetto, quelli della GEN III+ invece si rifanno al secondo. Il risultato è il medesimo: delle macchine estremamente sicure. 


Ritorneremo su questi concetti in un editoriale dedicato, ma alcuni di voi si potranno chiedere: perché, se questi reattori sono così performanti, facciamo così fatica a costruirli? Perché sentiamo continuamente parlare di ritardi? La risposta è nella domanda e anche un po’ nella storia della costruzione degli impianti nucleari. In breve, gli impianti che il mondo occidentale si appresta a costruire sono complessi, ulteriormente complicati dalla crescente attenzione destinata ai sistemi di sicurezza. A questo si aggiunge il fatto più importante: nel mondo occidentale non siamo più abituati a costruire reattori, non lo abbiamo fatto per molti anni e la supply chain necessaria a realizzare un grande progetto come quello di un nuovo reattore si è persa e si sta ricostruendo. In questo scenario, per il nucleare come per tanti altri progetti nel settore energetico, i primi nuovi impianti sono destinati ad avere dei ritardi, che si ridurranno progressivamente nel tempo. Una volta costruiti, questi reattori sono progettati per un periodo operativo standard di 60 anni. 

 

Arriviamo dunque alla famigerata quarta generazione. L’industria nucleare individua in questa categoria sei tecnologie accomunate ancora una volta da un design estremamente sicuro, da sistemi di sicurezza avanzati, dalla minimizzazione dei rifiuti nucleari prodotti e, in alcuni casi, dalla possibilità di utilizzare il combustibile esausto proveniente dai reattori di vecchia generazione (le cosiddette scorie) come combustibile. Nell’articolod’introduzione alla fissione vi abbiamo parlato del concetto di moderazione dei neutroni: i neutroni vengono rallentati per rendere la fissione più probabile. Qui si fa il contrario, si lascia che i neutroni siano “veloci” e questo apre le porte alla possibilità di utilizzare quello che sarebbe un rifiuto per i reattori tradizionali come combustibile nei reattori di quarta generazione. La principale conseguenza della maggiore velocità neutronica è che l’acqua, il liquido di raffreddamento normalmente più utilizzato per le altre generazioni, viene sostituita da altri elementi come sodio e piombo.  Ma questi design sono veramente “nuovi”? In effetti no: sono stati i primi reattori ad essere mai stati costruiti. Il primo reattore ad aver mai prodotto elettricità è l’Experimental Breeder Reactor I (EBR-I), un reattore raffreddato a sodio fuso, una tecnologia che si cataloga dunque come reattore veloce e che ha trovato nella quarta generazione la sua espressione più recente e avanzata.

 

Nel titolo di questa sezione menzioniamo Torino, perché? Perché è la sede di Newcleo, startup italiana nata nel 2021 ma che nel 2023, dopo soli due anni, ha annunciato un aumento di capitale da un miliardo di euro. La tecnologia su cui sta puntando la nuova azienda torinese è quella dei reattori raffreddati a piombo fuso, peraltro già attualmente in costruzione in Russia. Newcleo ha infatti in programma lo sviluppo di un piccolo reattore modulare, ovvero un reattore capace di generare meno energia di un reattore di vecchia generazione ma il cui principio si basa sulla velocità ed economicità di costruzione e messa in funzione entro il 2032. La loro rapida crescita non è certo passata inosservata e rientrà attualmente nei design di maggiore interesse per lo sviluppo nucleare britannico e francese. È qui che verrà costruito nei prossimi anni un impianto di test in scala ridotta.

 

 

L’Italia, il mondo e il futuro della quarta generazione

 

Avendo dunque diviso la timeline dell’industria nucleare nelle quattro generazioni, si rende necessario rispondere alla più in voga delle domande (quantomeno tra i non addetti ai lavori): la quarta generazione è meglio della terza? No. I reattori di terza generazione garantiscono gli standard di sicurezza più elevati che si siano mai visti nell’industria nucleare e questo è possibile grazie alla notevole esperienza pregressa con i reattori raffreddati ad acqua. La loro costruzione è dunque uno step critico per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2050.  Ma allora la quarta generazione è inutile? Assolutamente no. I reattori di quarta generazione avranno un ruolo molto importante in futuro, in maniera particolare per la prospettiva di poterli utilizzare per chiudere il ciclo del combustibile (ossia poter utilizzare il combustibile esausto proveniente dalle centrali di generazione precedente). Tuttavia, il loro sviluppo nel breve termine dovrà affrontare un processo di ricerca ancora in corso, l’assenza di un quadro normativo per la realizzazione di nuovi impianti di questo genere e un’industria nucleare ancora fortemente legata alle tecnologie tradizionali. Il principale messaggio è il seguente: il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di utilizzare tutte le tecnologie a nostra disposizione per ridurre le emissioni, partendo dal nucleare di terza generazione attualmente disponibile e spingendo per lo sviluppo dei reattori della Gen IV. L’impressione che si ha spesso nel dibattito pubblico, italiano e non, è che lo spettro dei reattori di quarta generazione come unica soluzione al cambiamento climatico venga evocato da coloro che, per un motivo o per l’altro, il nucleare in realtà non lo vogliono e che preferiscono dunque prendere tempo.



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