L’ODORE DELL’INDIA
Immergersi. Immergersi in un mondo parallelo, senza pensare al presente, che travalica i confini che ci circondano. Il viaggio che Pasolini ci propone è un inno alla semplicità, alle tradizioni, alle origini. L’India è il simbolo di quella chance di eludere l’omologazione che lui, prima di ogni altro, aveva capito ci avrebbe travolto. Gli appunti di questo viaggio, edito per la prima da Longanesi nel 1962, raccontano un Pasolini tremendamente affascinato da “quegli esseri favolosi, senza radici, senza senso, colmi di significati dubbi ed inquietanti, dotati di un fascino potente, che sono i primi indiani di un’esperienza che vuole essere esclusiva come la mia”.
Questo viaggio, compiuto assieme agli amici Moravia ed Elsa Morante, si compie tra il 1960 e il 1961 e ci viene raccontato dall’autore stesso come un continuo girovagare tra le vie indiane cariche di caos, ma allo stesso tempo immerse da una purezza di spirito ormai persa in occidente. Una purezza che viene mantenuta, seppur diversamente, dalla borghesia indiana. Uscita, attraverso una coscienza culturale moderna dall’inferno, ma rimasta all’inferno, come ci spiega egregiamente Pasolini, la borghesia indiana viene rappresentata come un ceto sociale ormai privo di ogni speranza e racchiuso nell’unica istituzione sociale che le è rimasta: la famiglia. E vi si chiudono sia per non vedere l’esterno, ormai lontano da loro sia culturalmente che fisicamente (si pensi all’igiene, al ceto economico, all’attività lavorativa) , sia per non farsi vedere dalla povera gente. Non vogliono apparire come superiori rispetto a un popolo che è estremamente povero (si badi bene, in termini materiali occidentali), varcando così con profonda tenerezza e bontà d’animo, data dalle loro guide, Ghandi in primis, una non-volgarità che non è propria della nostra tradizione, fatta di esibizionismo e ostentazione della ricchezza.
A tutto ciò si contrappone però l’indicibile condizione igienica e sociali in cui versa la società indiana, la cui rappresentazione plastica è data dal fiume Gange: luogo in cui si buttano cadaveri, si bagnano prima della loro cremazione, ci si lava, si passa il tempo libero tra amici.
Insomma, il testo ci offre una rappresentazione di una realtà sicuramente diversa, distante e tremendamente differente rispetto alla nostra, ma che ha tanto da insegnarci anche oggi, tempo della omologazione culturale e sociale.
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