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Immagine del redattoreTommaso Rossi

Il Club del libro: “Il fantasma della nazione” di Alessandro Campi.

LA DESTRA CON CAMPI RISCOPRE LA NAZIONE

 


Prezzolini e Papini, l’epopea rinascimentale e la destra storica ottocentesca: queste le coordinate proposte da Campi nel suo ultimo saggio Il fantasma della nazione: per una critica del sovranismo (Marsilio, 208 pp, 15 euro) per tracciare delle nuove linee guida per un concetto di Nazione che, a Destra, è sempre stato mal presentato, mal spiegato, e male interpretato.

 

Il punto di partenza del professore è che “la nazione (…) è ancora oggi l’unità politico simbolica e la forma aggregativo-affettiva intorno alla quale continuano a strutturarsi lo spazio pubblico, le identità e le appartenenze di gruppo, le relazioni internazionali e, ben più importante, i processi di legittimazione democratica”. Il problema che però si pone è che “oggi, le comunità politiche, tendono a separarsi” provocando un “processo di scomposizione e ricomposizione politico identitario (…) nel nome di una delle parole-totem della cultura contemporanea: autodeterminazione”.

 

Come quindi cercare di riaffermare quella accezione positiva, dopo anni in cui il termine venne storpiato (da Corradini, passando per “un’inflazione politico propagandistica prodotta dal fascismo”, alla dipendenza Gentiliana della nazione nei confronti dello stato, fino alle più ambigue definizioni prodotte dai partiti della prima repubblica) e dopo che la destra “alla prova dei fatti, non è riuscita a svilupparne una visione alla altezza delle sfide della storia o a elaborarne una concezione politicamente efficace”? Partendo dall’unica vera destra che, secondo Campi, ha declinato un serio, realista e politicamente efficace concetto di nazione: la destra storica, e con essa Cavour.

 

Il punto cruciale su cui si insiste - e che non possiamo che sposare appieno - è che la Destra, non riuscendo mai a tradurre in una proposta politica valida il concetto di Nazione, non abbia fatto altro che esacerbare una accezione negativa del termine stesso, spogliandolo del suo più vero, intimo e sacrale messaggio di comunità di destino. Il “fantasma della nazione”, riprendendo il titolo, è ciò che la Destra ha creato, sostituendo la sua vera vocazione con le più ambigue e vuote rivendicazioni identitarie, sovraniste e patriottiche. Ed è qui che si gioca il futuro della Destra, in particolare di Giorgia Meloni: cercare di riscoprire, attualizzandolo, un vocabolo troppo spesso retoricamente utilizzato.

 

“L’obiettivo storico verso cui deve tendere la politica odierna non può essere quello di sostituire l’identità nazionale, nemmeno in favore dell’universalismo dei diritti umani. Basta che la nazione, conscia della sua specificità, rimanga aperta e disposta a non isolarsi e porsi come assoluta, bensì ad essere una parte a pari diritti di un insieme più grande e in questo inserirsi”. Queste le parole di Ernst-Wolfgang Böckenförde riprese da Campi nelle conclusioni. Una idea di nazione moderna, realista, politicamente efficace e non escludente, che niente ha a che fare con il sovranismo. Riuscirà la Destra a formularla?

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