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Immagine del redattoreLuigi Gattone

Il caso Tortora

La notte del 17 giugno 1983, le forze dell’ordine arrestarono Enzo Tortora: cominciava così uno dei primi e più gravi casi di malagiustizia in Italia.

Tortora, dopo La Domenica Sportiva, era all’apice del successo con l’ideazione e la conduzione di Portobello: il programma divenne molto popolare, raggiungendo numeri senza precedenti (26 milioni di spettatori nel 1977).


La sua carriera si interruppe bruscamente con l’arresto. Tortora venne indagato dal procuratore capo di Napoli Francesco Cedrangolo nell’ambito di una maxi-inchiesta contro il boss Raffaele Cutolo: le prove a suo carico erano essenzialmente le dichiarazioni di affiliati alla Nuova Camorra Organizzata, che accusavano il conduttore televisivo di traffico di droga.


Dopo 9 mesi di detenzione, ottenne i domiciliari e accettò di candidarsi nelle liste del Partito Radicale, ottenendo oltre 400mila preferenze e venendo eletto al Parlamento Europeo. L’anno successivo venne condannato a 10 anni di carcere: rinunciò all’immunità parlamentare e tornò ai domiciliari, fino al settembre 1986, quando venne definitivamente assolto da ogni accusa dalla Corte d’Appello. Dopo un breve ritorno in TV, morì nel 1988. I magistrati che lo hanno ingiustamente perseguito e condannato non subirono censure e continuarono le loro carriere senza impedimenti.


Il clamore mediatico del “Caso Tortora” fu enorme: ci furono fughe di notizie prima dell’arresto, verbali passati alla stampa e pubblicati, la Rai che ripetutamente mostrava Tortora ammanettato in TV. Il conduttore venne attaccato sul piano professionale e personale, e solo in un secondo momento diverse personalità si esposero in sua difesa (Enzo Biagi, Piero Angela, Pippo Baudo, Indro Montanelli).


Leonardo Sciascia commentò così la vicenda, in modo ancora attualissimo: « Quando l'opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario - divisa in "innocentisti" e "colpevolisti" - in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell'imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia».


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