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Immagine del redattoreTommaso Rossi

I limiti sono fatti per (non) essere superati

La campagna elettorale, si sa, porta con sé tutto ciò che di peggio possa derivare dalla dialettica politica, almeno oggi, in Italia.



Scontri, insulti, minacce, promesse inattuabili, serietà lasciata in soffitta, con buona pace dei cittadini che si ritrovano, nella maggior parte dei casi, a scegliere il meno peggio. Ecco, oggi chi sta a destra deve scegliere il meno peggio (si spera, perché ad avere un preferito tra quei 3+1 c’è da avere un bel coraggio). Tra quei 4 c’è Donna Giorgia dalla Garbatella che ha pensato bene, domenica, di diffondere il video dell’infame stupro commesso ai danni della povera ragazza ucraina. Tralasciando i commenti ignobili e le considerazioni a tratti terrificanti sulla provenienza dello stupratore e il perché fosse qui, sulla ragazza ucraina e sulla noncuranza dei passanti, ci si concentri su ciò che politicamente ne è derivato. Enrico Letta, detentore morale ab omni aeternitate dell’etica politica, ne denuncia la portata indecente e indecorosa, aggiungendo: “faccio un appello a tutti perché tutti stiamo dentro i limiti della dignità e della decenza”: dignità e decenza che vengono obtorto collo definite da Letta stesso. Amen.

La Meloni, mancando evidentemente di cultura politica, non ha capito che rilanciando quel video (tra parentesi, ripotato da Salvini con sola foto qualche minuto prima. Non avrai mica cercato di stare al passo social del Kapitano, cara Giorgia? Stai tranquilla che non ci riesci) avrebbe attratto a sé, inevitabilmente, le più infamanti accuse, ottenendo un effetto Boomerang. Capisco la foga di dar da mangiare ad un elettorato social sempre in cerca di cibo, ma ogni tanto un po’ di scaltrezza…

Quello che non torna, però, è come ancora una volta si sia cercato di introdurre nella sfera del politico (ma esiste ancora poi una sfera del politico in un mondo di tecnici?) lo strumento giudiziario. Lo spettro del giudizio della magistratura, ancor prima che quello politico, si abbatte sul candidato del primo partito italiano: «La diffusione sui media di video riproducenti l’episodio criminoso sono in corso approfonditi accertamenti, trattandosi di un fatto astrattamente riconducibile ad ipotesi di reato», ha affermato la procuratrice Grazia Pradella. Non c’entra ovviamente la Legge Severino, perché per l’incandidabilità ci vuole una sentenza definitiva per reati precisi che non riguardano il caso preso in esame. Ma fin dove la magistratura può arrivare? Può, in piena campagna elettorale, la leader del primo partito italiano, essere iscritta al registro degli indagati per la diffusione di un video ripreso da 3 testate nazionali (libero, gazzettino e messaggero)?

E si badi bene, non si sta difendendo Giorgia Meloni per le sue idee, ci mancherebbe, ma da un modo di far politica che ci è quanto più lontano sia possibile. La separazione dei poteri è nata con Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, in arte Montesquieu. Ecco, forse, in Italia, è ora che ne recepiamo le direttive, per usare un linguaggio caro a nostra devotissima mamma Ursula.

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