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Immagine del redattoreMichele Carrani

Esistono ancora i gilets jaunes?.

Torniamo indietro di qualche anno. E’ il 2018, per l’esattezza il 17 novembre. In vetta alle classifiche musicali, ahinoi, c’è Giusy Ferreri, la Juventus guida il campionato di Serie A e a Parigi, quella mattina, hanno un risveglio diverso dal solito croissant e pain au chocolat.

C’è un vento movimentista, non il primo nella storia francese, ma questa volta ha un simbolo chiaro e riconoscibile: un gillet giallo. No, nessuno è rimasto a piedi con la sua Renault ma è un vero e proprio agglomerato di centinaia di migliaia di persone che protestano contro l’esecutivo francese per il caro dei carburanti e l’alto costo della vita.


Seppur nato con volontà di natura pacifica, il mouvement des gilets jaunes, si è distinto nel tempo per vari atti che di pacifico hanno ben poco: vandalismo, blocchi stradali, attacchi alle forze dell’ordine; infatti, nei primi due mesi si contano, tra gli attivisti: 12 vittime, 1800 feriti e 4500 arresti.


La protesta, scemata nel tempo, ha sempre avuto come avversario il Presidente Macron, il “fottuto banchiere” citando Melenchon, figura in parte d’ispirazione per il movimento. I “protestanti” non hanno smesso di inneggiare contro il governo, infatti, nelle manifestazioni dello scorso anno per la libertà vaccinale, le ricerche indicano che più di otto manifestanti su dieci sono stati, precedentemente, gillet gialli.


La politica è rimasta ferma?

In parte si, soprattutto in Francia, ma non nel nostro paese. Il fenomeno tanto discusso della “fuga dei cervelli” ha prodotto un nuovo cromosoma: Luigi Di Maio. L’ex enfant prodige della politica, che Dio ce ne scampi da un suo ritorno, è stato il primo, insieme al compagno di merende Alessandro Di Battista, a schierarsi a favore di chi voleva “rovesciare la casta”.


Fatto sta che Gigino, grazie al volere degli italiani, ha fatto le valige e da Roma è tornato a casa.

Da “rovesciare la casta“ a giocare a canasta è un attimo.


À ne pas nous revoir.


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