Recep Tayyip Erdogan ha vinto ancora. Non riuscendo a superare il 48% dei voti totali, il ballottaggio turco decreta invece la sconfitta di Kemal Kilicdaroglu, candidato della coalizione di larghe intese organizzata dall’opposizione progressista (e non). È curioso che il Day One della nuova Presidenza Erdogan coincida con l’anniversario della caduta di Costantinopoli, oggi Istanbul, in mano ottomana. Esattamente cinquecentosettanta anni fa, il 29 maggio del 1453, l’ultimo Imperatore Romano, Costantino XI, si immolava eroicamente coi suoi commilitoni nella difesa del perimetro cittadino.
La caduta della “Regina delle Città” non determinò solo il consolidamento dell’Impero ottomano quale potenza egemone di Anatolia, Balcani e Mediterraneo orientale ma, ancor più dello sbarco di Colombo nelle Americhe, la transizione definitiva verso l’età moderna. D’altro canto, la debacle di Kemal Kilicdaroglu, leader del partito fondato da Mustafà Kemal Ataturk, sembrerebbe riproporre la presa dell’ex capitale romana da parte della Turchia profonda, terrestre, conservatrice, in contrapposizione all’elitè finanziaria del paese, spiccatamente globalizzata, più filoccidentale, e concentrata lungo le coste del quadrato anatolico.
La riconferma di Recep Tayyip Erdogan segnala che la Turchia consoliderà la propria agenda politica. Sul piano economico, è ragionevole credere che avrà seguito la politica monetaria espansiva perseguita finora, con buona pace dell’inflazione. Sul piano della politica estera, sarà riconfermato lo sforzo verso la normalizzazione dei rapporti col Capo di Stato siriano Bashar Al-Assad, la cui cooperazione rimane cruciale per contenere i ribelli curdi e rimpatriare parte dei profughi siriani. Rimarrà coerente anche l’impegno turco nel dossier russoucraino. Dimostratosi vincente l’equidistanziamento fra i belligeranti, Ankara continuerà l’opera di mediazione a nome di USA e Russia, raccogliendo i frutti del suo status di potenza garante.
Rafforzato sul piano domestico da una nuova presa di Istanbul-Costantinopoli, il 2023, a cento anni dalla fondazione della Repubblica kemalista (1923), potrebbe essere davvero l’anno della Turchia.
Comments