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Immagine del redattoreEdoardo Cei

Da pace sospesa a conflitto aperto? La situazione coreana.

La storia della Corea, conseguenza della guerra civile combattuta tra 1950 e 1953, è peculiare, poiché ha lasciato congelate - mancando un effettivo trattato di pace - le relazioni tra i due stati, delineando uno degli scenari più caldi del globo, potenzialmente teatro di uno scontro militare.



Pyongyang ha sempre aspirato ad un possibile ricongiungimento con Seul, poiché nel pensiero e nell’idea dei leader socialisti sono entrambi stati appartenenti alla stessa nazione, condividendo la stessa lingua e cultura, destinati quindi a riunirsi.

Negli ultimi anni le relazioni tra le due Coree non sono state del tutto distese – plausibilmente non lo saranno mai –, ma, dalla fine del 2023, la tensione è aumentata in maniera notevole. Il 28 dicembre, il leader nordcoreano Kim Jong-un ha dichiarato, nel corso di un incontro con l’alta burocrazia del Choson Rodong (unico partito esistente nel paese), che la Repubblica democratica popolare deve prepararsi alla guerra. Lo stesso dittatore, infatti, ha ordinato ai quadri militari e industriali di accelerare i preparativi alla guerra, con l’obiettivo di contrastare duramente le mosse statunitensi nella regione e ampliare i canali diplomatici con i paesi definiti indipendenti e antimperialisti. Inoltre, nell’ultimo anno c’è stata una fase di avvicinamento tra Putin e Kim, culminata con la visita di quest’ultimo nella terra dello zar. Durante l’incontro, i due hanno concordato un aiuto reciproco: Pyongyang continua a fornire costantemente attrezzature militari a Mosca, mentre la Russia aiuterà la Repubblica democratica popolare a sviluppare la sua tecnologia satellitare, visto anche che nell’ultimo anno ha fallito il lancio in orbita di due satelliti – provocando non poco imbarazzo al governo socialista.

A questo, si aggiunge la riforma costituzionale decisa intorno alla metà di gennaio 2024, con la quale il governo di Kim non definisce più come compatrioti i vicini del Sud, ma li etichetta come nemici, rifiutando la precedente formula della riunificazione e abbracciando quella del confronto. A leggere tali differenze non sembra ci possa essere nessun cambiamento radicale nella politica estera della Corea del Nord verso Seul, ma se le si sommano agli avvenimenti dei mesi precedenti, sembrano delineare una degenerazione nelle relazioni tra i due stati, con effetti rilevanti sulla stabilità della penisola.

Questo mutamento costituzionale ha un triplice effetto. Innanzitutto, la Corea del Sud viene identificata come “nemico principale e immutabile”, e viene data una precisa definizione di territorio del Nord, inteso come separato e indipendente da quello del Sud. Infine, si può notare una separazione identitaria oltre che territoriale, dato che i sudcoreani vengono additati come nemici di Pyongyang. Oltre a ciò, Kim ha dichiarato che in caso di conflitto aperto con la Corea del Sud, il suo territorio andrebbe occupato completamente e che la guerra non finirebbe fino a che non sia constatata la totale sottomissione di Seul. I primi effetti, seppur lievi e simbolici, si sono palesati nelle ultime settimane con l’abbattimento del monumento dedicato alla riunificazione (un ponte che si trovava a Pyongyang), oltre alla chiusura di tutte le agenzie e gli uffici dediti alla cooperazione inter-coreana.

Entrambe le Coree sono corse ai ripari, cercando il rafforzamento delle relazioni con i loro naturali alleati: la Russia per la Corea del Nord, gli USA e il Giappone per il Sud. Fondamentali saranno le due tornate elettorali che si terranno quest’anno: le elezioni a Seul, che potrebbero prefigurare un aumentato potere nelle mani dell’opposizione democratica dialogante con Kim, e le elezioni presidenziali americane, che potrebbero riportare Donald Trump alla Casa Bianca, comportando una possibile revisione del sistema di alleanze statunitensi nella regione. Nel frattempo, la tensione fra i due stati continua ad aumentare, soprattutto a seguito di una serie di scontri a fuoco lungo il confine marittimo ad inizio anno. Il cambio concettuale di Kim è chiaro: non resta altro che osservare se e come reagirà Seul, anche perché, ora più che mai, c’è in gioco la sua sopravvivenza.

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