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Immagine del redattoreMichele Carrani

Baratto di Governo: l’autonomia differenziata.

Nel 2001 il centrosinistra vota una riforma costituzionale che modifica radicalmente il titolo V della costituzione sancendo, con l’art.116, la possibilità per le Regioni ordinarie di richiedere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Ed è proprio qui che nasce l’inghippo. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia: Si, ma quante? Quali? Con che risorse? Ai posteri l’ardua sentenza, e ai posteri siamo infatti giunti.


Dopo la legge 42/2009 su federalismo fiscale, sempre voluta dalla Lega (all’epoca ancora Nord), il dibattito sull’autonomia regionale si incaglia, complice la crisi economia e le forti condizioni di austerità e pareggio di bilancio volute dall’Europa a seguito delle due crisi del 2009 e del 2013. Con la nascita del primo governo puramente di centrodestra dal 2010 ad oggi, la questione torna centrale - e dirimente – nelle sorti del governo stesso. La Lega baratta e ottiene l’approvazione – per ora solo al Senato – del disegno di legge sulla applicazione del 3 comma del 116, appunto sull’autonomia differenziata, in cambio di un futuro appoggio alla riforma costituzionale voluta da FdI e della giustizia voluta da FI.

Entrando nello specifico, cosa contiene la norma? Si dice chiaramente che le singole Regioni, in una contrattazione con lo Stato prevista dalla legge, potranno chiedere fino ad un massimo di 23 materie: dalla tutela della Salute all’Istruzione, Sport, Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero. La concessione di una o più «forme di autonomia» è subordinata alla determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), cioè i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Queste materie potranno quindi essere trasferite solamente previa determinazioni dei LEP e nei limiti delle risorse previste dalla legge di bilancio.

Inoltre, all’articolo 11, si prevede come, nel caso di inadempienze di regioni, città metropolitane e comuni nell’erogazione delle prestazioni soprattutto riguardo a diritti civili e sociali, la palla tornerà al governo.

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